Malattia di Von Willebrand
La malattia di von Willebrand (vWd) è dovuta alla deficienza del Fattore di von Willebrand (FvW) della coagulazione che ricopre un ruolo determinante sia nell’emostasi primaria che secondaria. E’ la coagulopatia ereditaria più diffusa nel cane. La vWd è causata da una mancanza, da una ipofunzionalità o da un basso livello ematico del FvW, una complessa glicoproteina ad alto peso molecolare costituita da centinaia di unità legate tra di loro con ponti disolfuro. Il FvW insieme alla proteina ad attività procoagulante del Fattore VIII (FVIII:C), entra a far parte del complesso Fattore VIII. Il FvW è in grado di determinare l’adesione delle piastrine alle strutture subendoteliali. Questo fattore viene prodotto soprattutto dalle cellule endoteliali dei vasi.
I soggetti affetti dalla vWd hanno spesso livelli ridotti sia di FvW che di FVIII:C, mentre i cani ammalati di Emofilia A hanno un basso livello di FVIII:C, con FvW in genere normale. La malattia di FvW può essere classificata in 3 tipi in rapporto alla carenza dei costituenti la molecola (multimeri):
- carenza di multimeri generalizzata;
- carenza di multimeri ad alto peso molecolare;
- mancanza assoluta di FvW.
La vWd è ereditata con due differenti modalità. La prima è legata a un carattere autosomico recessivo ed è stata rilevata in due razze: il Terrier Scozzese ed il Chesapeake Bay Retriever. In queste due razze solo i soggetti omozigoti manifestano la malattia, mentre gli eterozigoti sono portatori. La seconda forma è trasmessa come carattere autosomico dominante incompleto, per cui gli animali con il gene anormale possono sia manifestare la malattia sia risultare clinicamente asintomatici a seconda della penetranza e della espressività del gene. Gli animali affetti hanno una tendenza al prolungato sanguinamento che è spesso scoperto in seguito ad un intervento chirurgico minimale o in occasione di ferite o traumi accidentali. Inoltre, può essere presente il sanguinamento delle mucose, per cui è possibile osservare perdite ematiche dal naso (epistassi), con le urine (ematuria) e con le feci (melena). Quando la malattia si presenta in forma grave è possibile un’elevata mortalità prenatale o neonatale. A causa della ampia variabilità genetica di questa patologia è notevole il polimorfismo sintomatologico che va dal grave sanguinamento, talora fatale, ad una condizione clinica completamente silente.
Il sospetto diagnostico può essere avanzato dall’incidenza nella razza, dall’età dell’animale e dalla sintomatologia. Una prima fase diagnostica prevede l’esecuzione di esami di laboratorio aspecifici quali il TE (Tempo di Emorragia o di sanguinamento alle mucose) e l’aPTT che risultano allungati, mentre il PT (Tempo di Protrombina) ed il Fibrinogeno risultano, di regola, normali. La diagnosi certa può essere formulata solo misurando la quantità di FvW presente nel plasma tramite una tecnica ELISA con anticorpi specifici per il cane ovvero cross reagenti impiegati in medicina umana. Gli animali che hanno valori del 50-60% sono considerati sospetti per cui è consigliabile ripetere il test, mentre gli altri con valori sotto il 40% invece sono sicuramente malati. È possibile una interpretazione eugenetica degli esami di laboratorio a seconda dei livelli di FvW e del TE. I campioni di plasma citrato per il dosaggio immunoenzimatico del FvW sono piuttosto stabili nel tempo e quindi la conservazione e la spedizione ai laboratori attrezzati è piuttosto semplice. Anche in questo caso si consiglia di contattare la FSA e questa Commissione per le indicazioni più appropriate per l’effettuazione delle analisi.
Oggigiorno questa malattia può essere identificata anche attraverso l’analisi del DNA per una corretta profilassi eugenetica. Tale possibilità esiste solo però per le razze ove sono stati identificati con approfonditi studi la variabilità intrinseca del gene von Willebrand e in dipendenza della forma della vWd. Infatti la tecnologia con DNA è applicabile nei soggetti di razza Scottish Terrier, Dobermann Pinscher, Pastori dello Shetland, Manchester Terrier, Barboncino e Pembroke Welsh Corgi. In questo caso risulta più facile, rispetto al dosaggio della proteina FvW, la caratterizzazione dei soggetti malati ed ancora di più dei soggetti portatori del difetto, facilitando la selezione contro questo carattere (vedi lista delle patologie ematiche in cui è possibile l’indagine molecolare).